Io spero tanto che quella che segue sia una storia vera, quanto meno per quel popolo al quale viene attribuita, perché vorrebbe significare che una seppur minima speranza per l'Umanità esiste ancora; ma anche nel caso in cui dovesse essere inventata, di fantasia, come si suol dire, sarebbe questo lo spirito che dovremmo insegnare ai nostri figli, sforzandoci di rigettare l'impulso egoistico che ci accomuna, tra umani, e che ci porta a divisioni assurde, nel vano tentativo di accumulare, rendendoci ciechi alla nostra miseria interiore, depredando e distruggendo ogni cosa per trarne beni effimeri, incuranti del male che procuriamo.
...ecco la storia:
"Un antropologo in Africa studiava gli usi e i costumi della tribù Ubuntu.
Un giorno, mentre aspettava l’auto che lo avrebbe riportato all’aeroporto, decise di proporre un gioco ad alcuni bambini...
Mise un cesto pieno di frutta sotto a un albero, poi chiamò i bambini dicendogli che chi avesse raggiunto il cesto per primo, avrebbe vinto tutta la frutta.
I bambini aspettarono tranquilli il segnale e quando fu dato il via si presero per mano e corsero insieme verso il cesto.
Arrivati al traguardo si sedettero felici, dividendosi il premio e godendone insieme.
L’antropologo sorpreso domandò loro perché si fossero uniti quando uno solo avrebbe potuto prendersi tutto ciò che si trovava nel cesto.
Essi risposero semplicemente: “Ubuntu, zio! Come potrebbe essere felice uno solo, se tutti gli altri sono tristi?”.
Ubuntu, nella cultura africana sub-sahariana, significa “Io Sono, perché Noi Siamo!”