Bob Kennedy - quelli come lui li fanno fuori perché parlano così |
Allora
cominciamo. Dov’ero rimasto? Non lo so.
Ah!
Le marce per i diritti dei lavoratori degli anni ’70. Lo statuto che sancisce
un trattamento dignitoso per tutti i lavoratori; le lotte per conquistarlo con
in prima linea i metalmeccanici che, a ben vedere, sono quelli che fanno il
lavoro più duro. Anni di contrattazioni, intesa tra sindacati, compromessi con
la controparte privata, la quale mai ha perso introiti a causa delle lotte; ha
perso, semmai, solo un po’ del suo potere decisionale sulla vita dei suoi
dipendenti. Ciò non toglie che possano aver continuato in speculazioni e
ricatti, magari più in piccolo, perché le regole, finché si e stati uniti,
erano più difficili da eludere.
Poi
ricomincia un periodo un po’ più rilassato; il lavoro è merce preziosa, e
quindi si trova sempre il modo di specularci sopra; il valore aggiunto di una
professionalità raggiunta è gravemente minato alla base da una sempre improcrastinabile
fame di crescita economica, infatti il problema della disoccupazione, anche se
non grave come oggi, anche nei decenni scorsi era di non poco conto. Ma come
mai le aziende devono, ogni anno, guadagnare più dell’anno precedente? Non
potrebbero accontentarsi del guadagno normale, cioè la differenza che si
ottiene vendendo un prodotto ad un prezzo più alto rispetto a quello che si è
pagato per averlo, produrlo, progettarlo? Qua, io credo, entra in gioco la
finanza, ovvero la sete di ricchezza privata. Già da anni, per ottenere
l’inottenibile, si sono messi in opera comportamenti che, vuoi per la mancanza
di una legislazione in materia che non lasci adito a dubbi, vuoi anche per la
mancata applicazione di talune regole e/o leggi, verso le quali si è chiuso gli
occhi - anche se spero che, piuttosto che questa seconda ipotesi, che riterrei
più grave, si sia verificata la prima devastante eventualità - comportamenti,
dicevo, che lentamente hanno eroso sempre più ampie aree professionali,
pregiudicando anche la categoria imprenditoriale (mi riferisco a quella
dell’artigianato, dei piccoli imprenditori e produttori) ma arrivando, anche se
senza mai trascurarla del tutto, a minare gravemente la figura dell’operaio,
dell’impiegato, del subordinato; il dipendente da 1000 euro al mese, insomma,
che ormai è visto come un soggetto da spremere finché ce n’è. Siamo a questa
fase a pieno titolo. Ormai i Contratti Collettivi Nazionali sono a firme
separate per prassi: questo non perché, come qualcuno dice, c’è un sindacato su
tre che dice sempre no; è vero il contrario, ovvero che gli altri sindacati,
facendo prima la finta di proporre edulcoranti norme a favore dei lavoratori,
poi accettano tutte le condizioni, anche gravemente lesive della dignità delle
persone, che i privati, attraverso i loro sindacati di categoria, hanno
minuziosamente stilato per spremere sangue dalla rapa che è il lavoratore
dipendente. Il Governo tace; due, soprattutto due, tra i maggiori sindacati che
comunque sono di minoranza, acconsentono. Chi sono i loro iscritti? Come mai
non si svegliano per capire che stanno rubando il futuro anche a loro ed ai
loro figli?
Ecco
perché CGIL fa bene a dire no. Il rinnovo del Contratto Collettivo non può
essere a senso unico, ed intaccare unicamente il salario ed i diritti di chi
già percepisce uno stipendio al limite della soglia di povertà.
Cos’hanno
da guadagnare CISL e UIL smettendo di fare quello per cui sono nate (difendere
i lavoratori dipendenti)? Dichiarino anche loro di essere di parte: dalla parte
dei privati; altre due organizzazioni sindacali che si vanno ad aggiungere alle
oltre 20 che già curano gli interessi delle imprese a loro iscritte. Non ci
sarebbe nulla di male se lo facessero; ma al contempo dovrebbero smettere di
percepire la percentuale degli iscritti attraverso la busta paga, e che
costituisce sicuramente un forte introito al quale, evidentemente, è difficile
rinunciare.
L’attacco
massiccio al tassello più debole della società è cominciato ormai da alcuni
anni; e fa leva sulla divisione, sull’ignoranza, sulla paura. Paura di perdere
il posto di lavoro; paura che è sempre più legittima anche grazie a questo tipo
di contratti. E siamo al punto nevralgico del discorso. I sindacati asserviti
in questo hanno il loro perché: agiscono per conto degli uni a favore degli
altri; sono doppiogiochisti, e se vediamo chi sta perdendo questa partita, non
possiamo non vedere chi la vince e quindi li possiede. Ecco la loro Ragion
d’Essere. Cerchiamo di non cadere nel tranello che ci sventolano sotto al naso
di un sindacato che dice sempre no; cerchiamo di guardare la cosa anche dal
punto di vista di chi ci perde in questa contrattazione e ci accorgeremo che
siamo in balia di chi dice sempre “sì” conducendoci a ritroso nel cammino di
conquista dei diritti, collocandoci sempre più in fondo nella classifica dei
paesi civili.
E poi i necessari no quotidiani che incidono tanto. Ad esempio; vuoi fare lo straordinario? NO. Questo piccolo no, fa bene alla salute dell'operaio che ha detto no e fa bene al disoccupato poichè il datore di lavoro (per i tanti piccoli No allo strordinario) dovrà pur assumere qualche altro lavoratore.
RispondiEliminaSto cercando i " paesi civili " e credimi non ne trovo nemmeno uno. Possiamo stilare una lista di quelli meno incivili......
RispondiEliminaBentornato
sempre che il contratto preveda un sindacato (quello precario a progetto non gode di alcun diritto sindacale all'interno dell'azienda): il controsenso è voler far credere che la mancanza di un contratto nazionale assicuri una remunerazione più elevata (non esiste veramente più orario... solo schiavitù)!
RispondiEliminaCi sono tanti piccoli Fantozzi là fuori
RispondiEliminaPurtroppo molti non si rendono conto della gravità della situazione.In questi mesi ,ho notato troppi ricatti nell'ambito lavorativo e speculativi; sulla pelle di milioni di lavoratori.Serena notte a presto
RispondiEliminail lavoro va conservato e se questo comporta un pò di straordinario, contrattato, non guasta mai.
RispondiEliminaI prodotti di questo sistema aberrante vengono propinati ai consumatori attraverso una induzione di pensiero unidirezionale,se un ragazzo accetta sei ore al giorno di lavoro per un compenso mensile di trecentocinquanta euro,c'è qualcosa che non funziona,se poi pensiamo che quei soldi vengono spesi per la maggior parte dei casi in prodotti di consumo allora tutto non va.
RispondiEliminaDovremmo innanzitutto renderci conto che ormai non esistono più classi sociali o meglio ne esistono due,quella dei privilegiati,che di norma coincide con quella di produttori di beni o di venditori di fumo,e quella dei consumatori,ossia la maggioranza degli italiani(per quanto agiati possano essere).
E' dunque una presa di coscienza collettiva che quello che ci fanno vivere oggi come privilegi altro non sono che i nostri diritti in mano ad avidi sfruttatori di uomini.
Spegniamo quindi la televisione,buttiamo i decoder,lasciamo i piazzali delle fabbriche pieni,riduciamo questa gentaglia alla fame,semplicemente non comperando i loro prodotti.certo è difficile se non impossibile considerare un prodotto che ci hanno abituato ad amare,come il veicolo della loro tracotante (pre)potenza,o considerare programmi televisivi cool, come invece il braccio forte della propaganda del pensiero unidirezionale,e poi,io chi cazzo sono per affermare tutto questo?
Ah,bel libro quello che citi nel titolo del post.