La Costituzione Italiana, Art. 3 : Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

martedì 26 febbraio 2013

se niente importa (non c'è niente da salvare)


Pagina 100[*] 
Io sono il tipo che si ritrova nella fattoria di un estraneo nel cuore della notte
Il piccolo tacchino che ho eutanasizzato nel nostro salvataggio, quello sì che è stato duro. Uno dei lavori che ho fatto, molti anni fa, è stato in uno stabilimento di polli. Facevo l'uccisore di riserva, vale a dire che era mia responsabilità tagliare la gola ai polli che sopravvivevano al tagliagola automatico. Ho ucciso migliaia di polli in quel modo. Forse decine di migliaia. Forse centinaia di migliaia. In quel contesto perdi traccia di qualunque cosa: dove sei, che cosa stai facendo, da quanto lo stai facendo, che cosa sono gli animali, che cosa sei tu. È un meccanismo di sopravvivenza che ti impedisce di impazzire. Ma è proprio questa la sua follia intrinseca.
Grazie a quel lavoro alla linea di macellazione, conoscevo l'anatomia del collo e sapevo come uccidere quel pulcino all'istante. E ogni parte di me sapeva che era la cosa giusta da fare per sottrarlo alla sua miseria. Ma è stata dura, perché non era in una linea di migliaia di gallinacei pronti alla macellazione. Era un individuo. In questa prospettiva tutto diventa difficile.
Io non sono un'estremista. Sono quasi sempre una moderata. Non ho piercing. Non ho una pettinatura strana. Non faccio uso di droghe. Politicamente parlando, sono progressista su alcuni argomenti e conservatrice su altri. Ma vedi, l'allevamento intensivo è un argomento da moderati, qualcosa su cui quasi tutte le persone ragionevoli si troverebbero d'accordo, se avessero accesso alla verità.
Sono cresciuta in Wisconsin e in Texas. Vengo da una famiglia normalissima: mio padre andava (e va) a caccia, tutti i miei zii mettevano trappole e pescavano. Mia madre cucinava l'arrosto tutti i lunedì sera, il pollo ogni martedì e via discorrendo. Mio fratello gareggiava nei campionati statali di due sport.
La prima volta che fui messa di fronte alla questione dell'allevamento fu quando un amico mi mostrò dei filmati di bovini al macello. Eravamo ragazzini ed era solo una merdata oscena, come quei film delle Facce della morte. Lui non era vegetariano – nessuno era vegetariano – e non stava cercando di farmi diventare vegetariana. Era solo per ridere.
Quella sera a cena avevamo cosce di pollo, e io non riuscii a mangiare la mia. Mentre tenevo l'osso in mano, non mi sembrava carne di pollo, ma un pollo. Avevo sempre saputo che stavo mangiando un individuo, credo, ma la cosa non mi aveva mai colpito. Mio padre mi chiese che cosa c'era che non andava e io gli raccontai del video. In quella fase della mia vita, prendevo tutto quello che mi diceva per oro colato ed ero sicura che sapesse spiegare qualunque cosa. Ma tutto quello che mio padre riuscì a tirare fuori fu una cosa del tipo: «Brutta storia». Se si fosse fermato lì, forse adesso non sarei qui a parlare con te. Ma ci fece sopra una battuta. La stessa battuta che fanno tutti. Da allora l'avrò sentita un milione di volte. Fece finta di essere un animale che piange. Per me fu una rivelazione, e mi mandò in bestia. Decisi di punto in bianco che non avrei mai fatto una battuta davanti a qualcosa che non sapevo spiegare.
Volevo capire se quel video era un'eccezione. Probabilmente volevo una scappatoia che non mi costringesse a cambiare la mia vita. Così scrissi a tutte le aziende agricole più importanti, chiedendo di poterle visitare. Sinceramente non mi passò neppure per la testa che potessero dire di no o evitare di rispondere. Non ottenni nulla, così cominciai a girare in macchina chiedendo a qualunque allevatore che incontravo se potevo dare un'occhiata nei suoi capannoni. Avevano sempre una ragione per rifiutare. Considerato quello che fanno, non li biasimo se non vogliono che nessuno veda. Ma considerata la loro reticenza su un aspetto così importante, chi può biasimare me se sentivo l'esigenza di fare le cose a modo mio?
La prima fattoria in cui sono entrata di notte produceva uova, aveva forse un milione di galline. Erano stipate in gabbie accatastate una sull'altra. Ebbi bruciori agli occhi e ai polmoni per giorni. Fu meno cruento e sanguinoso di quello che avevo visto nel video, ma mi colpì ancora di più. Quello mi cambiò davvero, quando mi resi conto che una vita atroce è peggio di una morte atroce.
L'azienda avicola era tanto orrenda che pensai che anche quella dovesse essere un'eccezione. Probabilmente non mi capacitavo che si permettessero cose simili su così larga scala. Così andai in un'altra fattoria, un allevamento di tacchini. Per caso arrivai proprio pochi giorni prima della macellazione, per cui i tacchini erano al massimo della crescita e così pigiati l'uno sull'altro da non riuscire a vedere il pavimento. Erano completamente impazziti: frullavano le ali, gloglottavano, si attaccavano l'uno con l'altro. C'erano tacchini morti dappertutto, e altri moribondi. Fu triste. Non ero io ad averli messi lì, ma mi vergognai di essere una persona. Dissi a me stessa che doveva essere un'eccezione. E andai in un'altra fattoria. E in un'altra. E in un'altra ancora.
Forse insistevo perché in fondo non volevo credere che quanto avevo visto fosse la norma. Ma chiunque si preoccupa di conoscere queste cose sa che gli allevamenti intensivi sono quasi l'unica realtà. La maggior parte delle persone non ha la possibilità di vederli con i propri occhi, ma può vederli attraverso i miei. Ho filmato le condizioni degli animali in aziende avicole per la produzione di uova e per la produzione di polli e tacchini da carne, in un paio di impianti suinicoli (ormai è sostanzialmente impossibile entrarci), allevamenti di conigli, stalle per vacche da latte e recinti da ingrasso per bovini, aste di bestiame e camion da trasporto. Ho lavorato in alcuni impianti di macellazione. Sporadicamente il filmato raggiungeva il telegiornale della sera o i quotidiani. Qualche volta li hanno usati in tribunale nei processi per i maltrattamenti sugli animali.
Per questo ho accettato di aiutarti. Io non ti conosco. Non so che tipo di libro scriverai. Ma se in qualche misura farà conoscere ciò che succede negli allevamenti intensivi, sarà solo positivo. In questo caso la verità è così potente che la prospettiva da cui ti poni non ha importanza.
Comunque, vorrei assicurarmi che quando scriverai il tuo libro non darai l'impressione che io non faccia altro che uccidere animali. L'ho fatto quattro volte, solo quando non c'era altro da fare. Di solito porto gli animali più malmessi dal veterinario. Ma quel pulcino era troppo malato per essere spostato. E stava soffrendo troppo perché lo lasciassi vivere. Guarda, io sono per la vita. Credo in Dio, credo nel paradiso e nell'inferno. Ma non ho alcuna venerazione per la sofferenza. Negli allevamenti intensivi calcolano quanto possono tenere gli animali vicino alla morte senza ucciderli. È questo il loro modello di business. A che velocità possono farli crescere, quanto possono pigiarli, quanto o quanto poco possono mangiare, quanto possono ammalarsi senza morire.
Non stiamo parlando di sperimentazione sugli animali, nel qual caso puoi pensare che la sofferenza venga compensata da un vantaggio. Parliamo di quello che ci va di mangiare. Dimmi una cosa: perché il gusto, il più rozzo dei sensi, è dispensato dalle regole etiche che governano gli altri sensi? Se ti fermi a pensarci, è una cosa da pazzi. Perché un arrapato non ha il diritto di stuprare un animale mentre un affamato ha il diritto di ucciderlo e mangiarlo? È facile liquidare la domanda, ma è difficile darle una risposta. E come giudicheresti un artista che mutilasse gli animali in una galleria perché fa colpo visivamente? Quanto dev'essere affascinante il suono di un animale torturato per volerlo sentire a tutti i costi? Prova a immaginare una qualunque altra finalità, a parte il gusto, per cui sarebbe giustificabile fare quello che facciamo agli animali d'allevamento.
Se io abuso del logo di una grande azienda, potrei persino finire in galera; se una grande azienda abusa di miliardi di polli la legge non protegge i polli, ma il diritto dell'azienda di fare quello che vuole. È questo che succede quando si negano i diritti degli animali. È pazzesco che l'idea dei diritti degli animali sembri pazzesca a qualcuno. Viviamo in un mondo che considera normale trattare gli animali come pezzi di legno e considera estremistico trattare gli animali come animali.
Prima che venissero introdotte le leggi sul lavoro minorile, esistevano aziende che trattavano bene i loro operai di dieci anni. La società non ha proibito il lavoro minorile perché è impossibile pensare che i bambini lavorino in un ambiente sano, ma perché dare a un'azienda tutto quel potere su individui inermi è una depravazione. Pensare di avere più diritto a mangiare un animale di quanto ne abbia l'animale a vivere senza soffrire è una depravazione. Non sono ragionamenti astratti. È questa la realtà in cui viviamo. Guarda che cosa sono gli allevamenti intensivi. Guarda che cos'ha fatto la nostra società agli animali non appena ne ha avuto il potere tecnologico. Guarda che cosa facciamo effettivamente in nome del «benessere degli animali» e del «trattamento umano», e poi decidi se sei ancora disposto a mangiare carne.





 [*]da pagina 100 - (splendida testimonianza che rivela tutta la contraddizione del nostro modo di nutrirci e di rapportarci con gli altri esseri)

"Se niente importa - perché mangiamo gli animali?"
Jonathan Safran Foer - le fenici, prima edizione marzo 2011